Il terzo occhio di Giampietro Guiotto - da Brescia Oggi
Pubblicato il 18/11/10
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Le due mostre dedicate al Tibet, ospitate alla Wave photogallery di via Trieste a Brescia, si presentano come testimonianza diretta di due valevoli fotografi, che dal teatro, dai reportage e dalla moda passano alla politica, con il trasporto emotivo talvolta proprio di questa tecnica. Alessandro Molinari racconta sobriamente i volti di protagonisti minori finiti cinquant'anni fa sotto l'inflessibile repressione cinese, che non infrequentemente erano destinati ad una dolorosa e lunga prigionia o all'esilio, avendo commesso il solo crimine di essere tibetani. Essi sono ora cercati dal fotografo, trovati e ritratti naturalmente, ma i loro duri ricordi di prigionieri o di transfughi sono del tutto privi di rancore e di rabbia: compassione e gentilezza emergono dai loro volti di vecchie e di vecchi, talvolta sorpresi in uno straordinario gesto buddista, come Tulku Thupten Rimpoche, che si presenta nella sua più recente reincarnazione, sorridente e ad occhi serrati, o come Sonam Dorjee - fuggito in Nepal nel 1959 e quindi arrivato in India nel 1975, accolto a sua volta dalla misericordia di un grande popolo -, che sorride amabilmente e guarda dietro gli occhiali da miope. Ogni vecchio tibetano ritratto appare fuori del tempo e da ogni contesto storico: non c'è attorno a lui villaggio o casa, famiglia o vicini, animali o piante che permettano di collocarlo con sicurezza e di avere informazioni precise su di lui. IL RITRATTO diventa, così, esclusivo ed eterno, inquadratura unica della inquietudine pacata e della sapienza buddista. La presenza del Dalai Lama e della sua filosofia emergono ovunque, anche nei ritratti di due tibetani - Thupten Phuntsok e Pasang, sempre fuggiti nel 1959 -, che ora calcano straordinariamente un identico cappello diversamente colorato, quasi fosse un elemento andino di ri-conoscenza indelebile. Nei ritratti o primi piani, in gran parte bianco e nero, la drammaticità si converte in serenità, in distanziazione dalla violenza alla ricerca di un'armonia interiore. Melina Mulas continua, a sua volta, la documentazione della cultura tibetana nel Paese ospite dell'India, quasi adoperando la macchina fotografica come «il terzo occhio», come suona il titolo di un suo noto libro dove sono raccolti i ritratti di molti Lama tibetani. La sua attenzione di fotografa va, però, qui orientata al Tibetan Children's Village di Dharamsala, un'organizzazione registrata dalla legislatura indiana, dove i bambini migranti dal Tibet si ritrovano in una comunità integrata ed accogliente. Il villaggio dei bambini si presenta, dunque, come una realtà fuori dall'ordinario, piena di colori e oggetti gioiosi, una «scuola dell'esilio» in cui ripartire dal sorriso spontaneo e dalla curiosità verso la conoscenza. Ognuna delle 42 abitazioni, che ospita dai 25 ai 35 piccoli, cresciuti tutti come fratelli e sorelle da una mamma e da un papà a cui sono affidati e che rivestono il compito di educatori di una grande famiglia, appare agli occhi della fotografa come il luogo di una nuova luce diffusa. Gli arredi spartani e le umili suppellettili raccontano la mitezza e la calma del vivere quotidiano, mentre i colori pastello alle pareti cercano di rallegrare l'animo e di condurlo alla gioia del vivere e alla serenità. Melina Mulas: «La scuola dell'esilio - Storie di educazione nel Tibetan Children's Village»; Alessandro Molinari: «Faces of Tibet in exile - Ritratti di una generazione che sta scomparendo»; Brescia, Wavephotogallery (via Trieste 32/a); fino al 1° dicembre Giampietro Guiotto -- ------------------------------------------------------------------- http://www.bresciaoggi.it/stories/Cultura%20&%20Spettacoli/204895__il_terzo_occhio_sul_tibet/
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